mercoledì 14 novembre 2012

C'ERA UNA VOLTA IN ANATOLIA - Vincenzo

13 Partecipanti
Tema: Ruggine



In una Turchia notturna e deserta, una pattuglia di poliziotti e magistrati cerca faticosamente di ritrovare un cadavere. Dopo aver a lungo, e quasi letteralmente, brancolato inutilmente nel buio, la luce del giorno restituita simbolicamente da una silenziosa fanciulla porterà chiarezza, imprimendo una svolta alla storia e permettendo ai protagonisti di ricostruire, parallelamente al loro passato personale, la vicenda altrettanto umana della vittima e del sospettato.


F I P




FEDERICO 3 4 2,5




SIMONE 3 2 3
" grazie Vincent. Ho apprezzato molto"


ROSITA 2,5           2 2,5




DANIELE 3,5 1 2,5
Ah, manco io!






JAN 4 1,5 2




CHIARA DC Non Pervenuto
Io voto, io ho dormito






FRANCESCA 3 2,5 3




ANNA 3 0,5 1,5
"appena sveglia dico un sacco di cazzate"


LEONARDO Non Pervenuto




GIANCARLO 2,5 2 2,5




CHIARA A 2 2 4




BEO 2,5 2,5 3

1 commento:

Dadie ha detto...

Riporto in versione integrale una mail aperta inviata da Simone a Vincenzo alcuni giorni dopo la visione del film:

Sto ripensando al film di ieri e colgo l'occasione per ringraziare il Vincent!
In effetti, come ho già detto ieri sera in macchina tornando verso casa, è, a mio modesto parere, un film che cerca di suggestionare lo spettatore coinvolgendolo più nelle atmosfere che nei fatti della storia narrata, e secondo me ci riesce molto bene.


Durante tutta la prima parte si avverte l'assurdità di una notte di polizia passata a perlustrare le squallide campagne intorno alla città, un'atmosfera che stimola nei protagonisti reazioni differenti: chi si lascia avvolgere dalla misteriosità notturna rispettandone il silenzio e chiudendosi in altrettanto silenzio (il dottore), chi cerca di infrangere la pesantezza del buio notturno imbeccando i propri compagnisu argomenti che richiamano la quotidianità diurna (il commissario che rivendica le virtù dello yogurt di bufala disprezzando quello pastorizzato, che chiede al dottore di poter passare da lui la mattina seguente per delle prescrizioni, e che scherza sui problemi di prostata del procuratore), chi dimostra impermeabilità e non si fa suggestionare attenendosi scrupolosamente ai propri doveri (l'ufficiale che guida la jeep, che conta uno ad uno i chilometri percorsi e disquisisce con pignoleria sul distretto cui compete la giurisdizione del terreno in cui è stato rinvenuto il cadavere). Una notte di fantasmi in cui l'oscurità ha gioco facile nel suggestionare con l'apparizione di volti antropomorfi nelle rocce della campagna, di ammalianti fanciulle dalla bellezza indicibile, di defunti che tornano a disturbare i vivi.
All'improvviso l'alba dirada le visioni notturne, con la sua luce chiara e diffusa si appiccica unta sul volto degli insonni e storditi vagabondi notturni; riaffiora quindi la realtà ed insieme ad essa la verità: il procuratore non parlava di una donna qualsiasi, ma di sua moglie; il dottore, sfogliando vecchie foto, si ricorda dell'amata che non è più con lui; il figlio (inconsapevole pomo della discordia) accusa, scagliandogli emblematicamente una pietra sul volto, colui che non sa essere il padre (omicida).
Una storia dai contorni volutamente incerti che, come hanno detto giustamente Jan e Daniele, lascia addosso allo spettatore tutta la pesantezza (e al contempo il fascino, e perché no, la bellezza) di una notte trascorsa errando con improbabili compagni di sventura, e di un'alba che richiama tutti al proprio dolore e alle proprie responsabilità. Geniale quella goccia di sangue sulla guancia del dottore che guarda dalla finestra il bambino e sua madre allontanarsi lentamente: nessun innocente, tutti colpevoli, complici e allo stesso tempo vittime di una brutta storia di amicizia e tradimenti sfuggita al controllo; una sola tra le tante ambigue storie di passione in cui tutti, forse anche noi spettatori, siamo inevitabilmente invischiati.

Ancora una volta, grazie Vincent. Ho apprezzato molto.

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